Il Romanzo del mese

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Mio nonno Quintilio

Mio nonno si chiamava Quintilio ed era anarchico senza saperlo.
Per verità, noi li chiamiamo "bastian contrari" o come dice mio padre: "noi non ci abbranchiamo."
Al paese, in quel tempo, il capo famiglia di quelle borghesi, aveva la tessera del "fascio", lui no. Ma non per convinzione politica, solo per il gusto di non essere a favore. Ciò non toglie che quando quella notte d'estate venne la "squadraccia" per manganellare un "contrario", alle grida della moglie del poveruomo, lui si alzò dal letto, andò e argomentò in modo tale che una solenne e dolorosa bastonatura si ridusse al canonico bicchiere di olio di ricino. Anche per questi episodi godeva del rispetto, anche se altre sue manifestazioni erano meno apprezzate.
Tutti ricordano l'importanza che aveva allora la squadra di calcio del paese.
Alla domenica pomeriggio si andava al campo sportivo per tifare e sostenere i nostri campioni, non foss'altro per il campanilismo che animava i tifosi, spettatori di sfide fratricide fra "equipe" di paesi spesso confinanti.
Io, ragazzino, con i miei amici, sedevo sulle tavole di legno della tribuna a tifare e palpitare per le azioni dei "nostri".
Sapevo che c'era anche nonno Quintilio, ma non me ne ricordavo fin quando non avveniva il primo errore di un nostro giocatore, allora nel giusto silenzio dei sostenitori che onoravano il loro "status", alte si levavano le sue improperie: "Somaro!!!", "C'ha colpa chi te fa giocà", "buuuu!!", "Cimitero!"
Cercavo di farmi piccolo agli occhi dei miei amici, ma era veramente dura; nonno Quintilio era contro e se ne fregava, alla faccia di chi aspettava tutta la settimana per andare a incitare la squadra anche nei momenti difficili.
Il popolino guardava con riverenza e rispetto i "notabili" del posto, lui inveiva contro: "il Parroco.......guai a dare la busta pasquale (poi provvedeva in segreto mia nonna); il Dottore......"non capisce gnente!"; il Colonnello in pensione....."E' un pallone gonfiato"; e così via.
Avevamo la miglior macelleria della zona, c'erano clienti che si spostavano chilometri per venire da noi, il nonno era veramente bravo nel suo mestiere, ma il suo carattere era "accio" come accade spesso con quelli che ce l'hanno. Arrivava il Signor Daziere per il controllo dei bolli di legge sulle bestie macellate, e questo lo rendeva già di traverso, ma era realmente un prepotente e senza chiedere nulla: entrava nel negozio, apriva la porta della cella frigorifera ed andava alla verifica, ma senza aver fatto i conti con il macellaio, mio nonno nella fattispecie, che prontamente gli richiuse la pesante porta alle spalle e la serrò con il chiavistello. Alle grida e ai bussi del congelando (la cella era di molto sotto lo 0), mia nonna cercava a mani giunte di intercedere, ma non c'era nulla da fare, i rischi erano grossi anche per lei, fin quando mio padre, richiamato dal trambusto non arrivava e dopo scontri ciclonici col padre, non riusciva a liberare il mezzo morto che non mise più piede in negozio. L'inverno e mio nonno stanno nella mia memoria come il profumo di centinaia di salsicce appese in una stanza del terzo piano in attesa della tramontana o come alcune notti gelide, non c'erano riscaldamenti e gli inverni erano ancora quelli veri, passate nel lettone tra lui e la nonna, mentre mi istruiva su un vecchio libro di ornitologia sulle varie specie forse con la speranza che un giorno anch'io.......
La Pasqua invece era la scenografia offerta dalla vetrina del nostro negozio con capretti infiocchettati in bella mostra e la cottura sul camino della cucina di uno di questi: il girarrosto meccanico che lo ruota piano piano, nonno Quintilio che lo fa sfrigolare con le gocce del lardo infuocato che cadono dal "pillotto".
L'estate invece lo rivedo daccapo al vicolo, davanti a Pietrino, sulla piazzetta, seduto su una seggiola in posizione strategica che gli permette di controllare l'entrata del negozio e quella di casa.
Quella notte i rumori si susseguirono ininterrottamente fin quando non mi addormentai, al mattino capii subito dal silenzio e dalle voci sommesse. Non sarei voluto andare a vederlo, ma quando mi affacciai sulla soia della sua camera e lo vidi lungo e bianco.......il pianto liberò il grande affetto che provavo.